Poi finalmente mi addormento per un ora e mi risveglio con una voglia matta di farmi una doccia.
Non so come, ma mi alzo e cerco piano piano di andare in bagno.
A quel punto mia mamma si sveglia e mi guarda, non dice una parola, io contraccambio lo sguardo, (anche perché non riuscivo a parlare) e con gli occhi lucidi dal pianto mi dice:
cosa fai?
Vuoi farti la doccia vero?
Mi aveva letto nel pensiero...meno male!
Così mi ha aiutata a farmi la doccia e per un attimo, dentro a quella vasca, mi è sembrato di rinascere.
L'acqua fredda scorreva sul mio corpo e sono sicura che, da quanto ero accaldata, quando scivolava giù dalle condutture, si trasformava in calda.
Poi mi ributto a letto e rimango ferma lì impalata ad aspettare che la sveglia suoni alle 6 per andare al S. Martino.
Venerdì mattina, sostenuta a braccia da Ernesto (il compagno di mia mamma) e da mia mamma, andiamo verso l'ospedale per fare gli esami.
Quando arrivo mi devo sdraiare sulla panca in sala d'attesa perché sono già stremata.
Mi fanno entrare subito dopo avermi vista.
Mi ricordo ancora che mentre mi facevano il prelievo e la biopsia,
piangevo come non ho fatto mai nella mia vita.
Non riuscivo a darmi pace per tutto quello che mi stava capitando.
Ero sdraiata su quel lettino, mezza morta, l'ago che si conficcava nella mia pelle, lo sguardo dei mie, la carezza del Professore, il bisturi che mi tagliava la pelle...
Stavo per svenire, non riuscivo a sopportare un pizzicotto, figuriamoci tutto questo.
Dopo mezz'ora di agonia, sono fuori dalla Clinica.
Ritorno a casa per rimanerci fino a domenica perché la mattina di quel giorno, non riuscivo più a sopportare il dolore e il prurito.
C'era da impazzire!
Viene una amica di mia mamma ostetrica, molto brava, mi ascolta il battito del bambino con uno strano strumento e dopo avermi detto che si sentiva il suo cuore battere ancora,
ho di nuovo incominciato a piangere.
Mi propone il ricovero al Gaslini...e alle cinque del pomeriggio del 9 luglio 2006, accompagnata questa volta, mi reco nel reparto di Ostetricia.
Entro, le infermiere mi guardano e quella con i capelli neri a spazzola mi dice:
"Oddio figlia mia, ti sei ustionata le gambe!?"
Io rispondo di no con un cenno del capo e mi mettono subito sulla barella inerme.
Chissà cosa ho risposto alle domande del Dr. che mi ha fatto il ricovero, ero su un altro pianeta dal dolore.
Non so come, ma mi alzo e cerco piano piano di andare in bagno.
A quel punto mia mamma si sveglia e mi guarda, non dice una parola, io contraccambio lo sguardo, (anche perché non riuscivo a parlare) e con gli occhi lucidi dal pianto mi dice:
cosa fai?
Vuoi farti la doccia vero?
Mi aveva letto nel pensiero...meno male!
Così mi ha aiutata a farmi la doccia e per un attimo, dentro a quella vasca, mi è sembrato di rinascere.
L'acqua fredda scorreva sul mio corpo e sono sicura che, da quanto ero accaldata, quando scivolava giù dalle condutture, si trasformava in calda.
Poi mi ributto a letto e rimango ferma lì impalata ad aspettare che la sveglia suoni alle 6 per andare al S. Martino.
Venerdì mattina, sostenuta a braccia da Ernesto (il compagno di mia mamma) e da mia mamma, andiamo verso l'ospedale per fare gli esami.
Quando arrivo mi devo sdraiare sulla panca in sala d'attesa perché sono già stremata.
Mi fanno entrare subito dopo avermi vista.
Mi ricordo ancora che mentre mi facevano il prelievo e la biopsia,
piangevo come non ho fatto mai nella mia vita.
Non riuscivo a darmi pace per tutto quello che mi stava capitando.
Ero sdraiata su quel lettino, mezza morta, l'ago che si conficcava nella mia pelle, lo sguardo dei mie, la carezza del Professore, il bisturi che mi tagliava la pelle...
Stavo per svenire, non riuscivo a sopportare un pizzicotto, figuriamoci tutto questo.
Dopo mezz'ora di agonia, sono fuori dalla Clinica.
Ritorno a casa per rimanerci fino a domenica perché la mattina di quel giorno, non riuscivo più a sopportare il dolore e il prurito.
C'era da impazzire!
Viene una amica di mia mamma ostetrica, molto brava, mi ascolta il battito del bambino con uno strano strumento e dopo avermi detto che si sentiva il suo cuore battere ancora,
ho di nuovo incominciato a piangere.
Mi propone il ricovero al Gaslini...e alle cinque del pomeriggio del 9 luglio 2006, accompagnata questa volta, mi reco nel reparto di Ostetricia.
Entro, le infermiere mi guardano e quella con i capelli neri a spazzola mi dice:
"Oddio figlia mia, ti sei ustionata le gambe!?"
Io rispondo di no con un cenno del capo e mi mettono subito sulla barella inerme.
Chissà cosa ho risposto alle domande del Dr. che mi ha fatto il ricovero, ero su un altro pianeta dal dolore.
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