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mercoledì 9 aprile 2008

Tutta la mia storia...Cap.6

Il giorno dopo incomincio di nuovo a grattarmi come una pazza e cerco di non farmi vedere dagli altri.
Poi ad un certo punto non ce la facevo più e così chiamo il mio ginecologo (Foglia) e le chiedo consiglio.
Lui mi disse soltanto queste parole, ma precise:
"Se stai male, ritorna in ospedale, come puoi stare a casa?"

Pensai tutto il giorno alle parole del dottore e poi in lacrime, mi feci di nuovo accompagnare in ospedale, in fretta e furia.
Quella fu' l'ultima volta che vidi la mia vecchia casa, dove era stato sognato Filippo e dove era cresciuto il mio cagnone.
Se penso al mazzo che mi ero fatta per metterla a posto...

Mentre ero in ospedale, gli ultimi giorni di agosto ci fu il trasloco dove io, naturalmente
non potevo partecipare, per ovvie ragioni, ma ero triste perché avrei voluto essere lì anche io a farmi il mazzo!
Addirittura mi ricordo che quel giorno dissi a mia mamma sotto voce:
"Vorrei essere al lavoro in questo momento e uscire di corsa per andare a fare il trasloco".
Si vede che stavo proprio male!

Solo quando stai così ti accontenti delle cose di tutti giorni.

Poi mi aumentarono il dosaggio di cortisone perché non bastava.
Incominciai così a stare un pochino meglio.
Ma non dormivo mai ed ero stravolta.
In quel mese di agosto, mano a mano che le stanze più belle e confortevoli si liberavano, mi ci trasferivano.
Ho anche perso l'apparecchio dei denti, in uno dei "traslochi".

Praticamente sono stata quasi in tutte le camere del Gaslini, finché non sono arrivata
nella "suite" n. 19.
Una stanza molto bella,
tutta nuova, dipinta di azzurro, con un quadro della Madonnina con in braccio Gesù, letto super tecnologico con telecomando, bagno stupendo,
salotto con un divano e due poltrone, balcone che si affacciava sulla spiaggia di Quarto con tenda al seguito, (che guardavo dal mio letto con un certo odio), tapparelle motorizzate e aria condizionata costantemente accesa.
Passavo le giornate e le notti dal letto al divano, con le gambe all'aria, ad ascoltare la radio, senza più curarmi di ogni minima forma di pudore perché ero quasi sempre e solo coperta da un lenzuolo.
Non sopportavo nessun tipo di indumento addosso.
Poi un giorno il Primario mi disse che se me la sentivo avrei potuto provare ad andare a casa.
Io risposi che mi sentivo ancora di rimanere e che se cambiavo idea lo avrei comunicato.
Cosi' i primi di settembre dopo praticamente tutta l'estate passata negli ospedali, decisi di provare, ma con l'opzione che se fossi stata di nuovo malissimo, mi avrebbero vista ritornare.
Ormai all'ospedale mi sentivo come protetta, sopra tutto perché pensavo che se il bimbo fosse disgraziatamente voluto venire al mondo prima, avrei avuto tutto quello di cui si ha bisogno in quei casi, senza perdere neanche un po' di tempo che in quei momenti è prezioso.
Cosi', la mattina di lunedì 4 settembre, comunico di voler provare ad uscire.
Mi rispondono che andava bene, mi chiesero solo un po' di pazienza perché prima di uscire, avrei dovuto fare una serie di controlli ed una ecografia per vedere come stava Fili.
Mi dissero di avvisare i miei che a fine mattinata sarei potuta uscire.
Arrivano le 10, poi le 11, poi le 12, poi l'una.
A quel punto, visto che non si era fatto più vivo nessuno, incomincio a chiedere spiegazioni alle infermiere.
Per una serie di equivoci, il dottore che avrebbe dovuto farmi l'eco era già smontato dal suo turno e quindi sarei dovuta rimanere lì un altro giorno.
Ero pazza!
Non ero più in me.
Ho incominciato ad urlare che non ne potevo più di stare lì e che me ne volevo andare.
Così dopo tutto il pomeriggio passato a piangere, entrò nella mia stanza il dr. Ginocchio che mi chiamava "Santa subito" e mi disse che era inconcepibile non farmi uscire.
Mi disse poi:
"Dai, vieni giù con me che ti faccio sta cavolo di ecografia e poi ti lascio andare a casa!"
Io non credevo alle mie orecchie ma mi preparai e lo seguii...
Alle 7 di sera ero a casa di mia mamma!
Mi sembrava un sogno.
Da lì a poco, ci sarebbe stata la festa dell' 8 settembre ma io non ci sono riuscita ad andare.
Anzi il 7 che Recco è congestionata dal traffico, secondo voi dove potevo essere?
Ovviamente lì in mezzo per andare all'ospedale di Recco perché mi era venuta la congiuntivite agli occhi!
Che fortuna vero?
Comunque poi mi passò e riuscii a dormire finalmente qualche notte.
Decisi anche di andare a tutti i costi alle lezioni di preparazione al parto ma feci solo la prima, che spiegava quando correre in ospedale, perché la notte del 10 ottobre mi si ruppero le acque prematuramente  mi catapultai fuori dal letto per non rovinarlo.
Non so come mai ma ero tranquillissima.
In macchina con Lorenzo sembrava che stessimo andando a fare una gita, non per menefreghismo, forse per una sorta di forza e calma che prende il sopravvento in quei momenti.
Arrivammo al Gaslini e pensavo che in fretta e furia mi avrebbero fatto nascere Fili.
Invece rimasi 2 giorni a contorcermi nel letto con le contrazioni, flebo di tutti i tipi per cercare di far rimanere Fili il maggior numero di giorni possibili nella pancia, perché mancavano ancora 1 mese e mezzo alla data presunta del parto.
Mi prepararono per il cesario che doveva essere giovedì 12 ottobre ma per un altro disguido, si dimenticarono di farmi una puntura la sera prima che aiutata i polmoni di Fili ad aprirsi.
Così quella mattina, al posto di portarmi in sala operatoria mi comunicarono l'accaduto.
Rimango basita!
Aggiungono che per il bene del bimbo, bisognava fare quella puntura, ma che comunque se volevo potevo farlo nascere lo stesso quella mattina.
Rifiutai e aspettai il giorno seguente.
Così venerdì 13 ottobre 2006 alle ore 9.37, sulle note di Prince "Purple Rain",
(in sale operatoria c'era la radio), nacque Filippo di kg. 1.720.
Me lo portarono subito via, con la scusa che lo dovevano pulire, ma io sapevo che c'era l'incubatrice già pronta dove metterlo, vista appena arrivai in sala operatoria.
Poi lo vidi solo per un attimo dentro a quella culletta calda...

Tutta la mia storia...Cap. 5


E puntualmente,
il dermatologo aveva detto ai miei parenti stretti,
visto il mio stato di salute,
che avrei anche potuto perdere il bimbo,
oppure sarebbe potuto nascere con qualche problema.
Lasciò a loro la decisione di dirmelo o no,
e loro scelsero di non parlarmene assolutamente,
visto che ero già in croce nel letto di un ospedale.
Ma io avevo la sensazione che appunto qualcosa stavo rischiando..
anzi mi arrabbiavo quando qualcuno mi portava in regalo vestiti per il mio bambino perché avevo timore che non li avrebbe mai usati.

Difatti, poi, vietai a tutti di portarmi regali del genere.
Mi ricordo un giorno però che Lorenzo mi regalò, infrangendo la regola,
una tutina di cotone della Samp.
Mi sembrava enorme e ogni tanto la guardavo e mi chiedevo se un giorno,
avrei potuto metterla a mio figlio.
Quel giorno arrivò!
Eccolo nella foto con la tutina...
E ancora, ricordo con affetto, un'infermiera, quella notte che fece delle babbucce rosse a maglia per Fili.
Quando me le consegnò però, non ebbi il coraggio di non accettarle, ma dissi a mia mamma
di portarsele a casa perché non riuscivo neanche a vederle.
Nel dicembre 2005, io e mio marito, avevamo firmato il compromesso di acquisto della casa e fissammo la data del rogito per martedì 29 agosto 2006,
senza sapere che in quella data sarei stata in ospedale.
Mi ricordo ancora quel giorno che ho firmato per uscire dall'ospedale per andare in banca
e per recarmi dal notaio .
C'era un caldo tremendo e anche se avrei potuto far venire il notaio e il direttore di banca in ospedale, ho voluto fare di testa mia.
E pensare che volevo restare al lavoro fino ad ottobre e dedicare a novembre e a dicembre il
tempo per arredare la casa nuova...
Invece non andò per niente cosi'...
Poi arrivò il giorno in cui mi dissero il sesso del bimbo...
Era maschio!
Quello che avevo sempre desiderato.
Ero felicissima!
Così incominciammo a pensare al nome, sempre con molta paura del futuro che sarebbe stato...
A me piaceva Gilberto, Gianluca e Filippo.
Chiesi a Lorenzo se gli piacessero e mi bocciò i primi due.
Così dissi:
"Allora lo chiamiamo Filippo?"
E lui mi rispose in modo affermativo.
A fine luglio provarono a dimettermi dall'ospedale per la prima volta.
Tornai nella prima casa che avevo preso con Lorenzo.
Mio marito e il cane, fino a quel momento si erano trasferiti dai miei suoceri.
Trovai solo Lorenzo perché avevo moltissimi rischi di contrarre infezioni e quindi il cane non poteva stare a casa da noi.
Mi dispiaceva tantissimo perché Berto non è un cane, secondo me è meglio di certi umani.
Passavo le giornate a letto o a cercare qualche notizia su internet in merito a questa malattia.
Non c'era niente!
Mi ricordo che scrivevo con l'unico dito meno conciato male degli altri,
facendo una smorfia di dolore, ogni volta che pigiavo un tasto.
Due anni fa' invano si potevano trovare notizie.
Ora la cosa è leggermente modificata.
Le giornate passavano comunque come all'ospedale, con la differenza di alcune cose.
Era mia mamma che faceva tutto in casa per aiutarmi e che cucinava, perché non potevo stare vicino a fonti di calore.
Poi arrivo' il sabato sera e mio marito mi chiese se volevo uscire.
Sbalordita, risposi:
"Secondo te dove posso andare ridotta così!?"
E lui:
"Devi reagire, uscire, distrarti!"
E io:
"Uscire e distrarmi? Ma come puoi pensare a cose del genere???"
Lui la pensa ancora così, io non sono dello stesso parere e quel sabato restai a casa,
ovviamente, anche se sarei uscita molto volentieri.
Di sicuro non era un divertimento, rinunciare a vivere, per una persona come me, che era
sempre in movimento...