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martedì 22 aprile 2008

Cap 10

E adesso come sto?
Beh, innanzitutto bisogna avere una spropositata pazienza, per questa malattia senza cura,
ma che si può tenere sotto controllo.
La fase acuta è passata e solo in determinate situazione si potrebbe scatenare un evento bolloso di proporzioni disumane come a luglio 2006.
Devo solo scoprire in che circostanze può accadere.

Cerco solo di evitare quelle cose che mi sono state sconsigliate e aspetto con ansia di guardarmi allo specchio e riconoscermi di nuovo.

E' come se dentro di me ci fosse un mostro che non si sa per quale motivo, si potrebbe risvegliare quando e come vuole.
E visto che i miei anticorpi, al posto di difendermi, si alleano con lui, sarei completamente indifesa e in balia delle loro cattiverie.
Non ci sono studi sulle cause che possono far scattare questo meccanismo ma si sa che tutto è collegato al nostro profondo io.

Grandi problemi si creano purtroppo dopo l'assunzione di molti farmaci come,
forte aumento di peso, osteoporosi, diabete, stanchezza cronica, depressione, insonnia ecc...

E poi il senso d'impotenza che genera tutto questo stato di salute, e la disinformazione che ti schiaccia in maniera devastante.
Sto scrivendo questo, appunto per far conoscere questa malattia autoimmune.
Se ci riuscirò voglio costituire anche un'associazione che possa dar voce a queste mamme meno fortunate delle altre.
E' davvero brutto, credetemi, trovarsi paralizzati dal dolore senza sapere che cosa si possa avere e passare la gravidanza in giro per ospedali.
La gravidanza è già un momento molto particolare per una donna perché ci sono tanti cambiamenti alla quale viene sottoposta.
Alle donne che hanno il PG tutto questo è tragicamente sconvolgente, rimettendo in discussione la propria vita, la famiglia, gli amici e di tutte le persone che ha accanto.
Non dimentichiamoci che stare accanto ad una persona che sta' male non è per niente una passeggiata, ma un atto dovuto se si sta' meglio di lei!
Ci sono state molte persone che durante questo periodo mi hanno profondamente deluso, forse irrimediabilmente e mi dispiace ma non so se riuscirò mai a perdonarle.
Ci sono cose che non si fanno neanche ad una persona che non si conosce figuriamoci quando ci sono gradi di parentela o altro.
Per questo ora voglio tutto e solo il meglio per me.
Ed è proprio vero che le persone che ti vogliono bene, si fanno sentire o ti regalano un po' di conforto, o del loro tempo oppure stanno al bordo del letto di un ospedale, senza dire una parola, solo per confortarti.
Uno sguardo dice molto più delle parole e di questo ne sono sempre stata convinta.
Questo stato di malattia però ha fatto accadere delle cose magiche, come il riavvicinamento di mio papà e tante altre belle cose.
Ma comunque nonostante tutto non m'interessa niente, io vado avanti per la mia strada, sperando che il mostro non si svegli mai più e combatterò per trovare una cura che mi possa permettere di dare un fratellino a Filippo.

I figli, sono la gioia più grande del mondo anche quando nascono dove c'è tanta sofferenza...
Il mio sogno è avere comunque un altro figlio e magari una gravidanza dove tutto vada liscio come l'olio, ma nella mia vita nulla è stato mai così, ho sempre dovuto soffrire molto per ottenere anche le cose più banali della vita.

mercoledì 16 aprile 2008

Cap 9

Poi mi scalavano il cortisone di 5 mg. al mese finché, arrivò luglio 2007 e una bella mattina mi svegliai senza dover prendere neanche una medicina.
Ero in ansia perché avevo paura che mi tornasse qualche bolla.
I primi giorni niente, ma poi in concomitanza del ciclo, puntualmente si ripresentarono.
Il dottore mi disse che era una cosa normale e che mi sarebbe accaduto forse sempre.
Poi mi disse anche che con questa malattia, non potevo più assumere la pillola perché può far scatenare le bolle in maniera acuta.
Poi non posso andare al mare per prendere il sole, per il momento, perché anche questo può far tornare tutto...
CHE FORTUNA!
Magari non quest'estate, ma la prossima invece ci voglio provare.
Non mi possono levare il mare...
Lo so che me lo dicono per il mio bene, ma ogni tanto provo a fare qualcosa per vedere a che punto sono con i miei problemi.
Non ci sono studi su questa patologia, non c'è niente di certo e quindi, visto che un po'
ormai la conosco, cercherò di trovare i miei limiti da sola.
Appena ho smesso di prendere tutte quelle medicine piano, piano ho ricominciato un po' a vivere...
Ogni tanto mi viene in mente di fumarmi una sigaretta, ma poi penso che ora sono anni che non lo faccio e sarebbe da stupidi ricominciare.
Per ora, non so come faccio, dopo tutti questi casini, resisto!
Comunque sono sempre andata al S. Martino per fare i controlli, come peraltro continuo a fare, ma fino a settembre dell'anno scorso mi sono sempre fatta accompagnare perché non guidavo neanche più la macchina.
Poi incomincia ad andare in corriera e poi a settembre dell'anno scorso, decisi che era il momento di provare ad essere autonoma.
Quella mattina ero emozionatissima, mi sembrava di non aver mai guidato la macchina.
Sono uscita di casa presto, come faccio di solito quando devo andare in ospedale,
ho fatto gli scalini di casa mia tutta contenta, sono salita in macchina, ho acceso il motore e la radio con un CD che mi piace da morire e sono partita.
Avevo un conto aperto con la macchina, nel senso che quando ero stata ricoverata la prima volta poi non ero riuscita a riportarla a casa.
Questa cosa mi aveva amareggiato molto.
Dovevo a tutti i costi riuscire ad andare a Genova, fare la visita  e riportarla a casa, proprio dal punto esatto dove si era fermata la mia vita, perché significava ricominciare di nuovo a vivere.
All'andata, mi ricordo che ero andata pianissimo, invece al ritorno ho corso come una pazza dalla gioia.
Guidavo, urlavo, cantavo e piangevo contemporaneamente.
E ogni tanto dicevo anche:
"Grande Fra!"
Quando ero ferma al semaforo, quelli che mi stavano a fianco mi guardavano male, ma io me ne fregavo e gli dicevo:
"Non sapete che cosa ho passato e ora mi voglio godere la vita e basta!
In effetti questo è il mio spirito di vita di sempre, ma ora è veramente marcato.
A chi non mi capisce e mi reputa un'egoista, rispondo che ora devo pensare prima di tutto a me, altrimenti non può esistere nient'altro.
Tengo molto conto di quello che sento...
Quel giorno è stato l'inizio di una serie di mie conquiste tutte sempre condite con la stessa gioia, urla e pianti.
La prima passeggiata con mio figlio, la prima sera che sono andata a cena con le amiche, la prima volta che sono andata all'Ikea, il mio primo aperitivo da buona sommelier,
la prima uscita con Berto sulla spiaggia con tramonto, la prima volta che ho fatto la spesa,
la prima volta che mi sono chinata per allacciarmi le scarpe senza perdere l'equilibrio...
me ne mancano ancora tante di cose da fare anche perché, in seguito a questa malattia mi era venuta paura di tutto.
Ma c'è una cosa che più di tutte aspetto con ansia...
Non vedo l'ora di tornare a ballare...

sabato 12 aprile 2008

BARZELLETTE

LA DIETA

-LEI HA UNA MALATTIA RARISSIMA E MOLTO CONTAGIOSA-
DICE IL MEDICO AL PAZIENTE.
- LA METTEREMO NEL REPARTO ISOLATO DOVE AVRÀ' UNA DIETA A BASE DI PIZZA
E FRITTELLE PIATTE -.
- QUELLA DIETA MI GUARIRÀ'? -
- NO, MA SONO I SOLI ALIMENTI CHE POSSIAMO INFILARE SOTTO LA PORTA -

Tutta la mia storia...Cap. 8

In quei giorni poi, ogni volta che squillava il telefono pensavo sempre che fossero i medici dall'ospedale e avevo paura che mi comunicassero qualcosa tipo:



"Mi dispiace signora, ma suo figlio non ce la fatta!"

Vivevo nell'incubo che gli potesse succedere qualcosa...

Dopo un mese circa dalla sua nascita, arrivò la telefonata del Nido e ci comunicarono che potevamo andare a prendere Filips.

Lorenzo andò a prendere la culla che per scaramanzia non avevamo ancora preso, la caricò in macchina e incominciò a guidare per venire a prendermi.

Quando ero sulla porta di casa, squillò il telefono e dall'altra parte c'era una voce che disse:

"Pronto, è la mamma di Filippo?"

E io:

"Si".

"Guardi c'è un problema, non venite più a prendere il bimbo perché non possiamo dimetterlo dall'ospedale!

Ha dei problemi di taticardia e bradicardia"

In quel preciso istante, mi crollò il mondo addosso!

Andammo di corsa in ospedale altro che non andare e non vi dico in che stato ero!!!

Poi rimase ancora ricoverato una decina di giorni e poi finalmente arrivò a casa.

Per fortuna per lui, ma non per me, quell' inverno non fu molto freddo.

Per i bimbi prematuri il caldo è un elemento fondamentale.

Un po' meno per me che accentuò la mia malattia.

Sarei dovuta rimanere di sicuro ricoverata ancora dei mesi, invece optai per cercare di riprendere in mano la mia vita e di andare avanti lo stesso, anche se con non poche difficoltà.

La prima era che ero diventata 90 kg. e facevo fatica a fare le cose di tutti i giorni.

Avevo bisogno di tutto.

Camminare era una cosa che non riuscivo a fare, figuriamoci fare le scale di casa per andare in camera.

Così rimasi a vivere per mesi giù in sala, senza riuscire ad andare a dormire nel mio letto.

Tanto lì poi, avevo anche tutte le cose del bimbo a portata di mano.

Naturalmente, in quei casi la sfortuna si accanì contro di me perché Filippo non dormì per 3 mesi e tutte le notti piangeva come un disperato.

Pensavo a che cosa avevo fatto di male nella vita per meritarmi tutto questo.

C'era un aria così tesa in casa che si tagliava con il coltello.

Il non dormire così per mesi e mesi, fu una vera mazzata per il mio fisico già provato.

Poi una sera chiesi a mia madre se poteva tenersi il piccolo a dormire perché eravamo stremati.

Quella sera, al posto di fare chissà che, io e Lorenzo andammo a letto alle nove, dopo mezz' ora passata sulle scale per salire in camera.

La mattina, quando mi svegliai guardai l'ora sul telefono, ed erano le nove della mattina e mi sentivo "bella" riposata finalmente.

Per incanto, da quel giorno, Filips iniziò a farsi delle dormite non indifferenti, consentendomi di riposarmi a dovere.

Forse avrà pensato:

"Sarà meglio che faccio il bravo, altrimenti qua sono dolori".

I dottori ci raccomandarono di stare il primo mese in casa, per il forte rischio di infezioni che avremmo potuto contrarre con facilità.

Così il mio cagnone, stette ancora dai miei suoceri a giocare con gli altri cani e con le pecore.

Ma una domenica avevo una voglia tremenda di vederlo e così, armata di guanti, per evitare di sporcarmi le ferite, andai su da lui.

Appena scesi dalla macchina, barcollante già per i fatti miei, arrivò con la sua andatura sculettante e il sorrisino sulle labbra.

Mi stava per saltare addosso dalla felicità ma per fortuna che lo fermarono altrimenti mi avrebbe fatto cadere di sicuro.

Mi guardò come dire:

"Manchi da così tanto tempo e fai pure la difficile?!"
Non potevo saltargli  addosso e strizzarlo come al solito.

Ma poi incomincia ad accarezzarlo molto lentamente perché le mani mi facevano male da morire.

Ricordo che tenevo sempre i palmi rivolti verso l'alto perché era l'unica posizione che riuscivo a tenere.

Ma in quel momento ero così felice che mi scoppiava il cuore dalla gioia.

Non m'interessava se ad ogni carezza che gli facevo vedevo le stelle, avevo troppo bisogno del suo contatto.

Ogni volta che sto vicino a lui, se ho qualcosa che non va, mi fa stare subito meglio solo la sua compagnia.

E' proprio vero che i cani sono terapeutici.

Dall'emozione, ovviamente, non riuscii a contenere le lacrime...

Ritornai a casa e capii che dovevo fare di tutto per rivederlo nel suo ambiente.

E infatti, appena il pediatra di Fili mi diede l'OK, mi catapultai a prenderlo.

E' stata dura ma lo volevo con me, anche se questo comportava un ulteriore sforzo alle mie forze fisiche.

Era bello rivederlo ruzzolare per il giardino.

In quei periodi, mia mamma veniva tutti giorni a casa mia per aiutarmi nelle faccende di casa che non potevo fare e per accudire un po' il fagottino.



Senza di lei ed Ernesto, non so dove sarei in questo momento, forse ricoverata in qualche reparto di psichiatria.

Poi la mia dr.ssa veniva a farmi visita una volta la settimana e poi c'era anche una ragazza che veniva costantemente a casa.

Era Enia che con la sua dolcezza mi è stata davvero molto vicina.

Però un po' per forza e un po' perché mi scocciava farmi vedere così cambiata, incominciai a non voler vedere più nessuno, tranne poche persone.

Questo mi era già successo all'ospedale e mi dispiace se forse qualche volta sono risultata pure antipatica, ma era un modo per isolarmi e cercare di curare le mie ferite, sopra tutto quelle della mia anima.

Non è facile, guardarsi allo specchio e vedere riflessa una persona che non conosci.

Solo adesso mi rendo conto che prima ero una ragazza molto carina.

Me ne sono accorta ora che questa bellezza non c'è più.

Avevo una luce negli occhi molto intensa che non mi ritrovo più.

Prima pensavo a nascondere questo mio aspetto per non essere solo giudicata per quello.

Volevo che le persone mi apprezzassero per le mie qualità interiori e così trascurai sempre il mio aspetto fisico.

Tanto c'era e allora me ne fregavo.

Me lo potevo permettere.

Ma si può essere contemporaneamente: belle, avere grandi cose da dire ed essere delle persone con un cuore grande.

Però se non mi fosse successo tutto questo non lo avrei mai scoperto e così ho promesso a me stessa che se un giorno dovessi ritornare ad essere come prima, o meglio, memore di questa esperienza, cercherò di valorizzare tutti gli aspetti della mia persona...

venerdì 11 aprile 2008

Tutta la mia storia...Cap. 7

Poi lui andò al C.N.R. (Centro Neonati a Rischio), e io rimasi tutta la mattina in una stanzetta
vicino alla sala operatoria.
Di solito ti tengono lì un'ora dopo il cesario, per vedere se non ci sono delle complicazioni, ma io stavo malissimo e pensavo di nuovo di morire.
Avevo i battiti del cuore altissimi e la pressione alle stelle.
Sono stata tutta la mattina con quella sensazione che si avverte, prima di svenire.
Il mio corpo, già così provato dalla malattia era troppo debole per subire un intervento chirurgico, ma non c'erano di sicuro altre alternative.
Tra me e me pensavo che era giunta la mia ora...
Poi mezza moribonda dissero che mi ero abbastanza stabilizzata e così mi portarono in una stanza diversa dalla "suite".
Lì c'era una ragazza molto simpatica di cui non ricordo il nome, ma la sua bimba, che poi è nata lo stesso giorno di Fili , mi ricordo che si chiama Sofì.
Mi piaceva tantissimo quel nome così dolce...
Ricordo anche che suo marito era gentilissimo e premuroso, ogni volta che mi trovavo in difficoltà.
Lei era stata bene fino all'ultimo mese e si era presentata il giorno prima in ospedale per fare il cesario.
Poi è stata malissimo e le hanno dovuto mettere i drenaggi nella ferita.
Meno male che non capitò a me, sono sicura che avrei rischiato grosso.
Così già stavo male per i cavoli miei, in più sentivo lei che si lamentava dal dolore e stavo ancora più male.
Poi come ogni notte, un rumore mi distraeva dai miei pensieri:
Erano le ruote cigolanti dei lettini dei neonati che le infermiere dal nido portavano tutte le mattine alle loro mamme.
Quel rumore per me fastidioso lo avevo già conosciuto quando ero stata ricoverata d'estate e mi
ricordo che lo odiavo ogni volta che lo sentivo.
Tutte le volte sentendo quel rumore era come una voce mi dicesse:
"La culla con il tuo bimbo non arriverà mai"...
Così giù a piangere come una disperata!
La mia compagna di stanza, riceveva ogni 3 o 4 ore la sua bimba per allattarla.
Erano così carine che quando le guardavo provavo un'infinita gioia, anche se avrei anche io voluto poter stringere, tra le braccia pure io, il mio fagottino.
Era come una condanna a morte quell'immagine per me...
Tutte le volte ci stavo da cani.
Nel frattempo Lorenzo tutti i giorni, visto che io non riuscivo a scendere dal letto, si prendeva un po' cura di Filippo.
Gli dava il latte, lo cambiava, praticava la marsupoterapia, che consiste nel tenere il piccolo raggomitolato sul petto e che serve ai bimbi prematuri per dargli quel calore della mamma che hanno perso.
Penso che Fili all'inizio lo abbia scambiato per me.
Io invece passavano i giorni e non mi riprendevo.
Tutte le mamme che avevano partorito insieme a me, erano già fuori dall'ospedale a coccolarsi i loro piccoli, io invece non ero neanche riuscita a vedere mio figlio.
Ogni giorno gli infermieri mi stressavano perché non riuscivo neanche a sedermi sul letto.
Poi una mattina uno di loro mi disse:
"Se stamattina la Ferrons non si alza, la prendo di peso e la metto in piedi!"
Io, sentendo quelle parole m'infuriai come una bestia e urlandogli in faccia dissi:
"Non provare a toccarmi perché ti dò tanti di quei calci in faccia che t'ammazzo!!!
Secondo te, se riuscissi ad alzarmi, starei qui a farmi rompere le palle da te?
No, magari sarei da mio figlio che non ho ancora avuto il piacere di conoscere!"
Così, da quella mattina, nessuno si azzardò più a dirmi niente.
Intanto cambiai di nuovo stanza...
Questa volta eravamo in un sacco di ragazze.
C'era quella che era arrivata da Sanremo in elicottero per una emoraggia,
anche il suo bimbo era al C.N.R. con suo marito, poi c'era una ragazza spumeggiante che minacciava un'aborto, poi c'era una ragazza che non aveva niente, ne lei ne suo figlio ma stava tutto il giorno a lamentarsi.
Io con quello che avevo non mi sono mai lamentata di niente, eppure avrei avuto di sicuro molte ragioni per farlo.
Poi un pomeriggio mi chiama una persona che definirei forse come una sorella.
Molte volte non ci siamo capite ma ci vogliamo bene perché abbiamo trascorso un pezzo di vita insieme.
Non posso dimenticarmi di Betta che appena ha saputo del mio stato di salute, si è fiondata in ospedale da me.
Mi ricordo di averle dato tutte le coordinate per trovarmi al primo colpo, mandandole un messaggio con scritto:
"Sono nel reparto di ostetricia del Gaslini, 4 piano, stanza in fondo, letto num...,(che ora non ricordo), perché altrimenti non mi riconosci!"
Quando arrivò aveva in mano un regalo per Fili che poi ora è uno dei suoi pupazzi preferiti.
Parlammo del più e del meno e mi chiese se potevamo andare da Fili.
Le risposi che non si poteva perché potevano vederlo solo i genitori ma ci promettemmo che prima o poi lo avrebbe visto.
Quella sera che era il compleanno di Lorenzo, decisi di fargli un regalo.
Un po' prima del suo arrivo, mi feci portare una carrozzina in camera e lo aspettai lì seduta per poi andare insieme dal nostro piccino.
Quando ero lì seduta stavo male e mi girava la testa ma volevo andare da mio figlio a tutti costi.
Mi domando ancora come ho fatto...
Appena entrò nella stanza fece un'espressione di sorpresa, incominciò a spingere la carrozzina e ci dirigemmo verso l'ascensore per andare giù da Fili.
Prima di entrare in quel reparto, bisognava:
infilarsi una specie di camicie e babbucce usa e getta;
lavarsi accuratamente le mani;
mettersi il disinfettante (che a me bruciava da matti con le mani che avevo) ;
mettersi la mascherina;
Poi con la carrozzina non si poteva entrare, sempre per il discorso dell'igiene e così quelle ingegnose delle infermiere, mi proposero di sedermi su di una loro sedia tipo ufficio e che a spinta poi mi avrebbero portato da Fili.
Mi sedetti in quella sedia che ero già mezza moribonda e volevo ritornare nella mia stanza per sdraiarmi sul letto.
Strinsi i denti, come mai nella vita e mi feci spingere per quel corridoio lungo e stretto...
Quando arrivai vidi un sacco di incubatrici e in una di quelle c'era il mio "sole".
Era nudo e aveva attaccato un apparecchio per monitorare il suo battito cardiaco.
Per fortuna che non era intubato per niente e che mangiava da solo col biberon ormai da giorni.
Mi spiegarono che questi erano ottimi segnali ma io a vederlo così ero lo stesso angosciata.
Me lo diedero per qualche minuto in braccio e mi fece tantissima tenerezza.
Era così piccolino che ti si spezzava il cuore.
Lo so che avrei dovuto ringraziare il cielo ma non ero per niente contenta di come erano andate le cose.
Sognavo una spensierata gravidanza, un parto nell'acqua, poter stare bene e godermi quei momenti magici.
Invece si aggiunse anche lo stress del parto prematuro che non è per niente una bella esperienza.
Una riga di stress, uno dietro l'altro che mi hanno poi fatto cadere in una brutta depressione.
Ma non quella post- parto che qualche volta colpisce le mamme, quella più profonda che lascia il segno tutt'ora.
Pensavo di averne passate già abbastanza nella vita e sopra tutto ultimamente, senza sapere che il peggio sarebbe accaduto dopo.
Il bimbo stette 15 giorni nell'incubatrice e 15 al nido e io conciata com'ero, prima facevo avanti e indietro per i corridoi dell'ospedale e poi, quando mi dimisero dall'ospedale, incominciai a fare avanti e indietro da casa al Gaslini.
Stavo malissimo e non so' come ho fatto a fare quello che ho fatto.
In uno di quei giorni che ero a casa, ad un certo punto incominciarono a prudermi le braccia,
poi le gambe e poi il resto.
Poi mi spuntarono di nuovo quelle maledette bolle!
Ero furiosa e pensavo che a giorni avrebbero mandato Fili a casa e mi domandavo come avrei potuto prendermi cura di lui...
Dal Gaslini mi avevano ridotto la dose di cortisone a 50mg. al giorno, prima di dimettermi, dicendo che ormai avevo partorito e che la cosa si sarebbe dovuta risolvere.
Ma quel sabato sera ad un certo punto pensai:
"Ma vaff...Io mi prendo un'altra pastiglia di cortisone e arrivo a 75 mg. come prendevo prima e poi lunedì chiamo il Prof. Drago".
Non ci sto' qua come i pazzi a subire le pene dell'inferno."
Quando andai in studio dal Prof. mi disse che feci benissimo e che purtroppo avevano scalato il cortisone con troppa fretta e che dovevo ripartire da zero.
Il cortisone non si può levare così dall'oggi al domani perché' il fisico ne risente negativamente e poi c'è il rischio, come nel mio caso, di avere una ricaduta della malattia.
Ero di nuovo furiosa...

mercoledì 9 aprile 2008

Tutta la mia storia...Cap.6

Il giorno dopo incomincio di nuovo a grattarmi come una pazza e cerco di non farmi vedere dagli altri.
Poi ad un certo punto non ce la facevo più e così chiamo il mio ginecologo (Foglia) e le chiedo consiglio.
Lui mi disse soltanto queste parole, ma precise:
"Se stai male, ritorna in ospedale, come puoi stare a casa?"

Pensai tutto il giorno alle parole del dottore e poi in lacrime, mi feci di nuovo accompagnare in ospedale, in fretta e furia.
Quella fu' l'ultima volta che vidi la mia vecchia casa, dove era stato sognato Filippo e dove era cresciuto il mio cagnone.
Se penso al mazzo che mi ero fatta per metterla a posto...

Mentre ero in ospedale, gli ultimi giorni di agosto ci fu il trasloco dove io, naturalmente
non potevo partecipare, per ovvie ragioni, ma ero triste perché avrei voluto essere lì anche io a farmi il mazzo!
Addirittura mi ricordo che quel giorno dissi a mia mamma sotto voce:
"Vorrei essere al lavoro in questo momento e uscire di corsa per andare a fare il trasloco".
Si vede che stavo proprio male!

Solo quando stai così ti accontenti delle cose di tutti giorni.

Poi mi aumentarono il dosaggio di cortisone perché non bastava.
Incominciai così a stare un pochino meglio.
Ma non dormivo mai ed ero stravolta.
In quel mese di agosto, mano a mano che le stanze più belle e confortevoli si liberavano, mi ci trasferivano.
Ho anche perso l'apparecchio dei denti, in uno dei "traslochi".

Praticamente sono stata quasi in tutte le camere del Gaslini, finché non sono arrivata
nella "suite" n. 19.
Una stanza molto bella,
tutta nuova, dipinta di azzurro, con un quadro della Madonnina con in braccio Gesù, letto super tecnologico con telecomando, bagno stupendo,
salotto con un divano e due poltrone, balcone che si affacciava sulla spiaggia di Quarto con tenda al seguito, (che guardavo dal mio letto con un certo odio), tapparelle motorizzate e aria condizionata costantemente accesa.
Passavo le giornate e le notti dal letto al divano, con le gambe all'aria, ad ascoltare la radio, senza più curarmi di ogni minima forma di pudore perché ero quasi sempre e solo coperta da un lenzuolo.
Non sopportavo nessun tipo di indumento addosso.
Poi un giorno il Primario mi disse che se me la sentivo avrei potuto provare ad andare a casa.
Io risposi che mi sentivo ancora di rimanere e che se cambiavo idea lo avrei comunicato.
Cosi' i primi di settembre dopo praticamente tutta l'estate passata negli ospedali, decisi di provare, ma con l'opzione che se fossi stata di nuovo malissimo, mi avrebbero vista ritornare.
Ormai all'ospedale mi sentivo come protetta, sopra tutto perché pensavo che se il bimbo fosse disgraziatamente voluto venire al mondo prima, avrei avuto tutto quello di cui si ha bisogno in quei casi, senza perdere neanche un po' di tempo che in quei momenti è prezioso.
Cosi', la mattina di lunedì 4 settembre, comunico di voler provare ad uscire.
Mi rispondono che andava bene, mi chiesero solo un po' di pazienza perché prima di uscire, avrei dovuto fare una serie di controlli ed una ecografia per vedere come stava Fili.
Mi dissero di avvisare i miei che a fine mattinata sarei potuta uscire.
Arrivano le 10, poi le 11, poi le 12, poi l'una.
A quel punto, visto che non si era fatto più vivo nessuno, incomincio a chiedere spiegazioni alle infermiere.
Per una serie di equivoci, il dottore che avrebbe dovuto farmi l'eco era già smontato dal suo turno e quindi sarei dovuta rimanere lì un altro giorno.
Ero pazza!
Non ero più in me.
Ho incominciato ad urlare che non ne potevo più di stare lì e che me ne volevo andare.
Così dopo tutto il pomeriggio passato a piangere, entrò nella mia stanza il dr. Ginocchio che mi chiamava "Santa subito" e mi disse che era inconcepibile non farmi uscire.
Mi disse poi:
"Dai, vieni giù con me che ti faccio sta cavolo di ecografia e poi ti lascio andare a casa!"
Io non credevo alle mie orecchie ma mi preparai e lo seguii...
Alle 7 di sera ero a casa di mia mamma!
Mi sembrava un sogno.
Da lì a poco, ci sarebbe stata la festa dell' 8 settembre ma io non ci sono riuscita ad andare.
Anzi il 7 che Recco è congestionata dal traffico, secondo voi dove potevo essere?
Ovviamente lì in mezzo per andare all'ospedale di Recco perché mi era venuta la congiuntivite agli occhi!
Che fortuna vero?
Comunque poi mi passò e riuscii a dormire finalmente qualche notte.
Decisi anche di andare a tutti i costi alle lezioni di preparazione al parto ma feci solo la prima, che spiegava quando correre in ospedale, perché la notte del 10 ottobre mi si ruppero le acque prematuramente  mi catapultai fuori dal letto per non rovinarlo.
Non so come mai ma ero tranquillissima.
In macchina con Lorenzo sembrava che stessimo andando a fare una gita, non per menefreghismo, forse per una sorta di forza e calma che prende il sopravvento in quei momenti.
Arrivammo al Gaslini e pensavo che in fretta e furia mi avrebbero fatto nascere Fili.
Invece rimasi 2 giorni a contorcermi nel letto con le contrazioni, flebo di tutti i tipi per cercare di far rimanere Fili il maggior numero di giorni possibili nella pancia, perché mancavano ancora 1 mese e mezzo alla data presunta del parto.
Mi prepararono per il cesario che doveva essere giovedì 12 ottobre ma per un altro disguido, si dimenticarono di farmi una puntura la sera prima che aiutata i polmoni di Fili ad aprirsi.
Così quella mattina, al posto di portarmi in sala operatoria mi comunicarono l'accaduto.
Rimango basita!
Aggiungono che per il bene del bimbo, bisognava fare quella puntura, ma che comunque se volevo potevo farlo nascere lo stesso quella mattina.
Rifiutai e aspettai il giorno seguente.
Così venerdì 13 ottobre 2006 alle ore 9.37, sulle note di Prince "Purple Rain",
(in sale operatoria c'era la radio), nacque Filippo di kg. 1.720.
Me lo portarono subito via, con la scusa che lo dovevano pulire, ma io sapevo che c'era l'incubatrice già pronta dove metterlo, vista appena arrivai in sala operatoria.
Poi lo vidi solo per un attimo dentro a quella culletta calda...

Tutta la mia storia...Cap. 5


E puntualmente,
il dermatologo aveva detto ai miei parenti stretti,
visto il mio stato di salute,
che avrei anche potuto perdere il bimbo,
oppure sarebbe potuto nascere con qualche problema.
Lasciò a loro la decisione di dirmelo o no,
e loro scelsero di non parlarmene assolutamente,
visto che ero già in croce nel letto di un ospedale.
Ma io avevo la sensazione che appunto qualcosa stavo rischiando..
anzi mi arrabbiavo quando qualcuno mi portava in regalo vestiti per il mio bambino perché avevo timore che non li avrebbe mai usati.

Difatti, poi, vietai a tutti di portarmi regali del genere.
Mi ricordo un giorno però che Lorenzo mi regalò, infrangendo la regola,
una tutina di cotone della Samp.
Mi sembrava enorme e ogni tanto la guardavo e mi chiedevo se un giorno,
avrei potuto metterla a mio figlio.
Quel giorno arrivò!
Eccolo nella foto con la tutina...
E ancora, ricordo con affetto, un'infermiera, quella notte che fece delle babbucce rosse a maglia per Fili.
Quando me le consegnò però, non ebbi il coraggio di non accettarle, ma dissi a mia mamma
di portarsele a casa perché non riuscivo neanche a vederle.
Nel dicembre 2005, io e mio marito, avevamo firmato il compromesso di acquisto della casa e fissammo la data del rogito per martedì 29 agosto 2006,
senza sapere che in quella data sarei stata in ospedale.
Mi ricordo ancora quel giorno che ho firmato per uscire dall'ospedale per andare in banca
e per recarmi dal notaio .
C'era un caldo tremendo e anche se avrei potuto far venire il notaio e il direttore di banca in ospedale, ho voluto fare di testa mia.
E pensare che volevo restare al lavoro fino ad ottobre e dedicare a novembre e a dicembre il
tempo per arredare la casa nuova...
Invece non andò per niente cosi'...
Poi arrivò il giorno in cui mi dissero il sesso del bimbo...
Era maschio!
Quello che avevo sempre desiderato.
Ero felicissima!
Così incominciammo a pensare al nome, sempre con molta paura del futuro che sarebbe stato...
A me piaceva Gilberto, Gianluca e Filippo.
Chiesi a Lorenzo se gli piacessero e mi bocciò i primi due.
Così dissi:
"Allora lo chiamiamo Filippo?"
E lui mi rispose in modo affermativo.
A fine luglio provarono a dimettermi dall'ospedale per la prima volta.
Tornai nella prima casa che avevo preso con Lorenzo.
Mio marito e il cane, fino a quel momento si erano trasferiti dai miei suoceri.
Trovai solo Lorenzo perché avevo moltissimi rischi di contrarre infezioni e quindi il cane non poteva stare a casa da noi.
Mi dispiaceva tantissimo perché Berto non è un cane, secondo me è meglio di certi umani.
Passavo le giornate a letto o a cercare qualche notizia su internet in merito a questa malattia.
Non c'era niente!
Mi ricordo che scrivevo con l'unico dito meno conciato male degli altri,
facendo una smorfia di dolore, ogni volta che pigiavo un tasto.
Due anni fa' invano si potevano trovare notizie.
Ora la cosa è leggermente modificata.
Le giornate passavano comunque come all'ospedale, con la differenza di alcune cose.
Era mia mamma che faceva tutto in casa per aiutarmi e che cucinava, perché non potevo stare vicino a fonti di calore.
Poi arrivo' il sabato sera e mio marito mi chiese se volevo uscire.
Sbalordita, risposi:
"Secondo te dove posso andare ridotta così!?"
E lui:
"Devi reagire, uscire, distrarti!"
E io:
"Uscire e distrarmi? Ma come puoi pensare a cose del genere???"
Lui la pensa ancora così, io non sono dello stesso parere e quel sabato restai a casa,
ovviamente, anche se sarei uscita molto volentieri.
Di sicuro non era un divertimento, rinunciare a vivere, per una persona come me, che era
sempre in movimento...


martedì 8 aprile 2008

Ringraziamenti Particolari

E' doveroso, da parte mia, ringraziare tutte le persone che mi hanno sempre sostenuto,
aiutato e tenuto compagnia, in questo momento delicato della mia vita:

Mia mamma che si faceva tutti i giorni 3 piani a piedi per venire in ospedale,
mio papà che ho ritrovato dopo tante vicissitudini della vita,
Lorenzo, che di notte piombava all'improvviso nella mia stanza solo per un saluto,
Ernesto che veniva a trovarmi ma che stava tutto il tempo con lo sguardo basso
perché non riusciva proprio a vedermi ridotta cosi',
Filippo il mio sole,
la mia zia Sandra che non dormiva di notte pensando a me che stavo male,
zia Graziana che era all'ospedale quando mi volevano trasferire di stanza,
facendomi andare con la carrozzina, anche se non riuscivo a stare neanche seduta sul letto,
Lory e Marco, mia sorella Alice e Amanda, Giusy,
mia cugina Roberta che quasi tutti i giorni era in ospedale a spalmarmi olio sul corpo,
le mie amiche speciali Eleonora, Ile, Cristina, Irene, Debby, Paola,
che a turno venivamo per aiutarmi a mangiare,
sbucciare mele, o a portarmi una pizza o un saluto, Enza e Luca che venivano sempre a casa per farmi le punture, Paolo i cugini Ste e Massy, Alice,
Marco e Manu che mi portarono una bellissima rosa rossa, i miei datori di lavoro,
Andry e Ali che mi seguivano anche al telefono,
Titta e Livia che la prima volta che mi hanno dimesso dall'ospedale,
mi hanno fatto trovare in casa, un condizionatore d'aria,
nonna Vitto, nonna Cina, che anche lei stava male e che poi è volata in cielo,
nonna Anna, Ida e Daniel, Luisa, con i suoi messaggini di conforto,
Chiara e Robby (che per motivi personali hanno fatto tanta fatica a venire in ospedale),
Andre e Manu, Fiore, Laura, Betta, zio Giuly, zio Gianni, Lilly,
prof. Magni che mi portava sempre l'Aloe vera e tutto il suo studio che mi ha sempre curato amorevolmente, Giorgio,
i fantastici dottori del Gaslini, le infermiere, le ostetriche ( sopratutto Laura e Katia), l'anestesista, 
Ottonello e le ragazze delle pulizie, Enia,
Il Centro Neonati a Rischio, il nido e tutti i reparti con i quali abbiamo avuto a che fare,
"la mia dr.ssa", il mio dottore di base, il mio attuale ginecologo dr. Foglia, il prof. Drago, la Clinica Dermatologica del S.Martino, l'I.D.I.(Ist. Dermopatico Immacolata) di Roma, sopra tutto i dottori Salvatore Ruggeri, Chianchini e B. Didona e poi tutte le persone di cui non conosco il nome ma che mi hanno aiutata...

Grazie di cuore!

Cicatrice biopsia Galliera


sabato 5 aprile 2008

Tutta la mia storia...Cap. 4

...Poi mi portano in una stanza con 6 letti, ma ci sono rimasta da sola finchè il giorno seguente,
di pomeriggio, è arrivata mia mamma.

Ero senz'acqua dal giorno prima e morivo dalla sete, perchè al Gaslini ti portano da mangiare,
ma non l'acqua.
Ero anche stravolta dal caldo che accentuava la malattia.
Quando mia mamma entra in quella stanza e mi trova così stravolta, non ho neanche il tempo di guardarla che si affretta subito a tirare fuori dalla borsa frigo, dell'acqua freschissima.
A piccoli sorsi bevo quell'acqua che mi sembrava un sogno caduto dal cielo.
Poi attaca anche un ventilatore che avevamo comprato un pò di anni indietro.

Queste due piccole cose, mi facevano stare un bricciolo meglio anche se,
incominciavano a spuntare qua e la' delle bolle su tutto il corpo.

Quello stesso giorno, oltre a mia mamma una persona inaspettata fa capolino;
Era la dottoressa che anni prima, avevo avuto modo di conoscere in merito ad un ciclo di psicoterapie, alle quali mi ero sottoposta.
Devo dire che anche quello è stata come una manna dal cielo perchè, oltre a darmi un suppoto psicologico notevole, mi è stata vicina e di aiuto, sopratutto, anche nel quotidiano.
Veniva tutti i giorni in ospedale da me, benchè abbia una settantina di pazienti.
E non scorderò mai che mi portava sempre due gelati perchè diceva:

"Ti meriti ben due gelati per tutto quello che stai soffrendo e non uno!"

In certi momenti pensavo, da quanto soffrivo, di buttarmi dalla finestra ma poi non l'ho fatto pensando che avrei fatto stare ancora più male le persone che avevo vicino e che poi forse,
anche il bimbo che portavo in grembo, non sarebbe stato molto contento della mia decisione.

Il giorno dopo arriva il fax del S.Martino, con i risultati della mia biopsia e delle analisi:
"Diagnosi: HERPES GESTATIONIS, malattia autoimmune rara, che insorge, di solito nella seconda gravidanza,che può presentare bolle intorno all'ombelico e si risolve con il parto."

Nel mio caso, invece, avevo bolle su tutto il corpo, in testa, sulle gambe, sulle braccia,
comprese le ascielle, anche sotto i piedi, in bocca, nel naso, in faccia, nella pancia, sul seno, nei genitali oddio e poi non posso pensare a come erano ridotte le mie mani.
Sentivo tutto il corpo tirare, bruciare e prudere.
E poi il dolore era lancinante...
Il Prof. Drago detto' la terapia ai ginecologi del Gaslini,
che consisteva nel farmi assumere una grande varieta' di farmaci.
In primis il Cortisone, un protettore per lo stomaco, antistaminici, che sinceramente non mi facevano passare il prurito, ansiolitici e poi strada facendo si aggiunsero il Malox, il Buscopan per la colica ai reni che mi colpì una notte e creme antibiotiche da applicare sul corpo, insieme ad un unguento all'olio canforato e di mandorla, che hanno prepararono  solo per me, nella farmacia del Gaslini...
I giorni trascorrevano scanditi a ritmi sempre uguali, sveglia delle infermiere per misurare la temperatura corporia alle 5,30 della mattina (tanto ero gia' sveglia perchè non dormivo niente) ,
alle 8 cambio delle lenzuola e colazione, alle 8.30 circa, giro di visite da parte di tutto lo staff medico con il Primario, i ginecologi, le infermiere e la capo sala, alle 9 pulizia della stanza e consegna della terapia farmacologica, alle 9.30 ascolto del battito del bambino, poi provavo a dormire finchè non arrivava il pranzo (ottimo per fortuna).

Poi il pomeriggio veniva mia mamma con Ernesto, la psicologa, a turno le mie amiche del cuore, mia cugina Roberta e poi Lorenzo...
Ma un giorno che stavo male male perchè il cortisone non bastava al dosaggio che mi somministravano, vedo arrivare mia madre e mio padre insieme.

Si erano incontrati nei corridoi dell'ospedale, mentre, tutti e due, stavano venendo da me.
Premesso che i miei si sono separati quando avevo 4 anni e da allora i loro rapporti non sono stati buoni, a stento si parlavano, si sedettero tutti e 2 accanto a me e ad un certo punto mia mamma, la più ostile dei due, appoggia una mano sulla spalla di mio padre, dicendogli che il passato è passato, ora non serve avere dei rancori, bisogna che stiamo vicini a Francesca e basta.

A quel punto penso di essere proprio tra la vita e la morte a sentire pronunciare quelle parole.
Allora incomincio a pensare seriamente che davvero qualcosa di grave mi stesse succedendo e chiedo spiegazioni in merito ai miei genitori.
Loro mi rassicurano, ma io sentivo che non potevo stare tranquilla per il mio stato di salute...

mercoledì 2 aprile 2008

Tutta la mia storia...Cap.3

Poi finalmente mi addormento per un ora e mi risveglio con una voglia matta di farmi una doccia.
Non so come, ma mi alzo e cerco piano piano di andare in bagno.
A quel punto mia mamma si sveglia e mi guarda, non dice una parola, io contraccambio lo sguardo, (anche perché non riuscivo a parlare) e con gli occhi lucidi dal pianto mi dice:
cosa fai?
Vuoi farti la doccia vero?
Mi aveva letto nel pensiero...meno male!
Così mi ha aiutata a farmi la doccia e per un attimo, dentro a quella vasca, mi è sembrato di rinascere.
L'acqua fredda scorreva sul mio corpo e sono sicura che, da quanto ero accaldata, quando scivolava giù dalle condutture, si trasformava in calda.
Poi mi ributto a letto e rimango ferma lì impalata ad aspettare che la sveglia suoni alle 6 per andare al S. Martino.
Venerdì mattina, sostenuta a braccia da Ernesto (il compagno di mia mamma) e da mia mamma, andiamo verso l'ospedale per fare gli esami.
Quando arrivo mi devo sdraiare sulla panca in sala d'attesa perché sono già stremata.
Mi fanno entrare subito dopo avermi vista.
Mi ricordo ancora che mentre mi facevano il prelievo e la biopsia,
piangevo come non ho fatto mai nella mia vita.
Non riuscivo a darmi pace per tutto quello che mi stava capitando.
Ero sdraiata su quel lettino, mezza morta, l'ago che si conficcava nella mia pelle, lo sguardo dei mie, la carezza del Professore, il bisturi che mi tagliava la pelle...
Stavo per svenire, non riuscivo a sopportare un pizzicotto, figuriamoci tutto questo.
Dopo mezz'ora di agonia, sono fuori dalla Clinica.
Ritorno a casa per rimanerci fino a domenica perché la mattina di quel giorno, non riuscivo più a sopportare il dolore e il prurito.
C'era da impazzire!
Viene una amica di mia mamma ostetrica, molto brava, mi ascolta il battito del bambino con uno strano strumento e dopo avermi detto che si sentiva il suo cuore battere ancora,
ho di nuovo incominciato a piangere.
Mi propone il ricovero al Gaslini...e alle cinque del pomeriggio del 9 luglio 2006, accompagnata questa volta, mi reco nel reparto di Ostetricia.
Entro, le infermiere mi guardano e quella con i capelli neri a spazzola mi dice:
"Oddio figlia mia, ti sei ustionata le gambe!?"
Io rispondo di no con un cenno del capo e mi mettono subito sulla barella inerme.
Chissà cosa ho risposto alle domande del Dr. che mi ha fatto il ricovero, ero su un altro pianeta dal dolore.

Tutta la mia storia...Cap.2

...Poi mi portano nel reparto per ricoverarmi e devo dire che avevo una camera "fantastica"
se così si può definire.
Era nuova, pulita, avevo il mio bagno personale, aria condizionata e soprattuto ero da sola.
Forse perché, non sapendo cosa diavolo avevo, hanno preferito isolarmi.
La sera c'era un'altra partita dell'Italia, ma non chiedetemi quale, perché non ricordo...
Il mattino seguente mi praticano la biopsia, che consiste nel tagliarti un pezzo di pelle.
Mi ricordo ancora però, le parole del chirurgo:
"Signorina non si preoccupi, non le farò male, le darò solo due punti che non si vedranno neanche".
Invece guardate che segno mi è rimasto. Per giunta nel braccio...
Mercoledì mattina mi dimettono dall'ospedale perché secondo loro era normale mandare a casa una donna incinta ridotta com'ero, anche senza sapere che cosa avevo.
Mi dissero anche che bisognava aspettare QUINDICI GIORNI per avere il risultato della biopsia.

Vado a casa di mia mamma perché non riesco quasi a muovermi e perché avevo bisogno di assistenza continua.
La sera mio marito chiama il mio ginecologo (Dr.Meus) che scocciato della telefonata le dice:
"Non c'è niente da fare, fateli prendere ancora degli antistaminici e poi finché non c'è il risultato delle analisi, non ci si può muovere in nessuna direzione".
Di notte sto malissimo e giovedì mattina mia mamma chiama mia zia e le chiede se conosce qualche dermatologo bravo che privatamente fosse venuto a visitarmi.
Il pomeriggio si presenta il Prof. Drago della Clinica Dermatologica del S. Martino, un luminare nel campo della dermatologia che con una lampada speciale mi osserva tutto il corpo e mi dice che quasi sicuramente ho l' "Herpes Gestationis", una malattia autoimmune rara, specifica della gravidanza della quale non si conoscono le cause.
Viene trattata con il cortisone, come tutte le patologie che colpiscono la pelle.
Incomincio a pormi un sacco di domande tipo:
Ma da dove cavolo viene questa malattia?
Oppure:
Ci saranno cure?
E il mio bambino starà bene?
Avevo un nodo in gola, fino a quel momento non sapevo neanche che esistevano le MALATTIE RARE e ho dovuto scoprirlo in uno dei momenti più delicati della mi vita, la gravidanza.
Il Prof. mi prescrive già il cortisone e mi dice che se la notte fossi stata male, potevo prenderlo tranquillamente, avrebbe attenuato il prurito, il bruciore e il dolore che avevo.
Poi mi consiglia di non aspettare i 15 giorni per sapere l'esito della biopsia e mi chiese di fare uno sforzo per il giorno seguente, recarmi in Clinica da lui, per effettuare un'altra biopsia ed esami specifici.
Addirittura chiama il laboratorio analisi e chiede gentilmente di avere tutti i risultati per il lunedì.
Accetto, anche se pensavo a come sarei riuscita ad andare, i miei problemi motori incominciavano a svegliarsi, non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto per andare in bagno.
Puntualmente di notte incomincio a non sapere dove stare dal male, le gambe sono così gonfie che, il primo tentativo di alzarmi fallisce, mi gira la testa, non sto in piedi e poi mia mamma ha uno specchio davanti alla camera, appena mi vedo ridotta così male,
rischio di svenire.
Per fortuna che intorno alle nove di sera, Lorenzo era andato dal mio medico di base per farsi fare la ricetta del cortisone.
Così è corso nella farmacia di C. Europa a prenderlo.
Chiamiamo anche la guardia medica perché pensavo che dal dolore, non avrei passato la notte.
Mi sentivo morire, una sensazione che non avevo mai provato,  indescrivibile..
non riuscivo più a parlare, mi sentivo come paralizzata dal dolore.
Arriva la guardia medica che mi guarda e non dice più di tanto.
Prendo il cortisone e provo a dormire...
ma niente da fare, non se ne parla proprio!!!
Come si può dormire stando tra la vita e la morte?
Intanto le notti senza dormire incominciano ad aumentare e io mi sento sempre più stanca...