Poi lui andò al C.N.R. (Centro Neonati a Rischio), e io rimasi tutta la mattina in una stanzetta
vicino alla sala operatoria.
Di solito ti tengono lì un'ora dopo il cesario, per vedere se non ci sono delle complicazioni, ma io stavo malissimo e pensavo di nuovo di morire.
Avevo i battiti del cuore altissimi e la pressione alle stelle.
Sono stata tutta la mattina con quella sensazione che si avverte, prima di svenire.
Il mio corpo, già così provato dalla malattia era troppo debole per subire un intervento chirurgico, ma non c'erano di sicuro altre alternative.
Tra me e me pensavo che era giunta la mia ora...
Poi mezza moribonda dissero che mi ero abbastanza stabilizzata e così mi portarono in una stanza diversa dalla "suite".
Lì c'era una ragazza molto simpatica di cui non ricordo il nome, ma la sua bimba, che poi è nata lo stesso giorno di Fili , mi ricordo che si chiama Sofì.
Mi piaceva tantissimo quel nome così dolce...
Ricordo anche che suo marito era gentilissimo e premuroso, ogni volta che mi trovavo in difficoltà.
Lei era stata bene fino all'ultimo mese e si era presentata il giorno prima in ospedale per fare il cesario.
Poi è stata malissimo e le hanno dovuto mettere i drenaggi nella ferita.
Meno male che non capitò a me, sono sicura che avrei rischiato grosso.
Così già stavo male per i cavoli miei, in più sentivo lei che si lamentava dal dolore e stavo ancora più male.
Poi come ogni notte, un rumore mi distraeva dai miei pensieri:
Erano le ruote cigolanti dei lettini dei neonati che le infermiere dal nido portavano tutte le mattine alle loro mamme.
Quel rumore per me fastidioso lo avevo già conosciuto quando ero stata ricoverata d'estate e mi
ricordo che lo odiavo ogni volta che lo sentivo.
Tutte le volte sentendo quel rumore era come sé una voce mi dicesse:
"La culla con il tuo bimbo non arriverà mai"...
Così giù a piangere come una disperata!
La mia compagna di stanza, riceveva ogni 3 o 4 ore la sua bimba per allattarla.
Erano così carine che quando le guardavo provavo un'infinita gioia, anche se avrei anche io voluto poter stringere, tra le braccia pure io, il mio fagottino.
Era come una condanna a morte quell'immagine per me...
Tutte le volte ci stavo da cani.
Nel frattempo Lorenzo tutti i giorni, visto che io non riuscivo a scendere dal letto, si prendeva un po' cura di Filippo.
Gli dava il latte, lo cambiava, praticava la marsupoterapia, che consiste nel tenere il piccolo raggomitolato sul petto e che serve ai bimbi prematuri per dargli quel calore della mamma che hanno perso.
Penso che Fili all'inizio lo abbia scambiato per me.
Io invece passavano i giorni e non mi riprendevo.
Tutte le mamme che avevano partorito insieme a me, erano già fuori dall'ospedale a coccolarsi i loro piccoli, io invece non ero neanche riuscita a vedere mio figlio.
Ogni giorno gli infermieri mi stressavano perché non riuscivo neanche a sedermi sul letto.
Poi una mattina uno di loro mi disse:
"Se stamattina la Ferrons non si alza, la prendo di peso e la metto in piedi!"
Io, sentendo quelle parole m'infuriai come una bestia e urlandogli in faccia dissi:
"Non provare a toccarmi perché ti dò tanti di quei calci in faccia che t'ammazzo!!!
Secondo te, se riuscissi ad alzarmi, starei qui a farmi rompere le palle da te?
No, magari sarei da mio figlio che non ho ancora avuto il piacere di conoscere!"
Così, da quella mattina, nessuno si azzardò più a dirmi niente.
Intanto cambiai di nuovo stanza...
Questa volta eravamo in un sacco di ragazze.
C'era quella che era arrivata da Sanremo in elicottero per una emoraggia,
anche il suo bimbo era al C.N.R. con suo marito, poi c'era una ragazza spumeggiante che minacciava un'aborto, poi c'era una ragazza che non aveva niente, ne lei ne suo figlio ma stava tutto il giorno a lamentarsi.
Io con quello che avevo non mi sono mai lamentata di niente, eppure avrei avuto di sicuro molte ragioni per farlo.
Poi un pomeriggio mi chiama una persona che definirei forse come una sorella.
Molte volte non ci siamo capite ma ci vogliamo bene perché abbiamo trascorso un pezzo di vita insieme.
Non posso dimenticarmi di Betta che appena ha saputo del mio stato di salute, si è fiondata in ospedale da me.
Mi ricordo di averle dato tutte le coordinate per trovarmi al primo colpo, mandandole un messaggio con scritto:
"Sono nel reparto di ostetricia del Gaslini, 4 piano, stanza in fondo, letto num...,(che ora non ricordo), perché altrimenti non mi riconosci!"
Quando arrivò aveva in mano un regalo per Fili che poi ora è uno dei suoi pupazzi preferiti.
Parlammo del più e del meno e mi chiese se potevamo andare da Fili.
Le risposi che non si poteva perché potevano vederlo solo i genitori ma ci promettemmo che prima o poi lo avrebbe visto.
Quella sera che era il compleanno di Lorenzo, decisi di fargli un regalo.
Un po' prima del suo arrivo, mi feci portare una carrozzina in camera e lo aspettai lì seduta per poi andare insieme dal nostro piccino.
Quando ero lì seduta stavo male e mi girava la testa ma volevo andare da mio figlio a tutti costi.
Mi domando ancora come ho fatto...
Appena entrò nella stanza fece un'espressione di sorpresa, incominciò a spingere la carrozzina e ci dirigemmo verso l'ascensore per andare giù da Fili.
Prima di entrare in quel reparto, bisognava:
infilarsi una specie di camicie e babbucce usa e getta;
lavarsi accuratamente le mani;
mettersi il disinfettante (che a me bruciava da matti con le mani che avevo) ;
mettersi la mascherina;
Poi con la carrozzina non si poteva entrare, sempre per il discorso dell'igiene e così quelle ingegnose delle infermiere, mi proposero di sedermi su di una loro sedia tipo ufficio e che a spinta poi mi avrebbero portato da Fili.
Mi sedetti in quella sedia che ero già mezza moribonda e volevo ritornare nella mia stanza per sdraiarmi sul letto.
Strinsi i denti, come mai nella vita e mi feci spingere per quel corridoio lungo e stretto...
Quando arrivai vidi un sacco di incubatrici e in una di quelle c'era il mio "sole".
Era nudo e aveva attaccato un apparecchio per monitorare il suo battito cardiaco.
Per fortuna che non era intubato per niente e che mangiava da solo col biberon ormai da giorni.
Mi spiegarono che questi erano ottimi segnali ma io a vederlo così ero lo stesso angosciata.
Me lo diedero per qualche minuto in braccio e mi fece tantissima tenerezza.
Era così piccolino che ti si spezzava il cuore.
Lo so che avrei dovuto ringraziare il cielo ma non ero per niente contenta di come erano andate le cose.
Sognavo una spensierata gravidanza, un parto nell'acqua, poter stare bene e godermi quei momenti magici.
Invece si aggiunse anche lo stress del parto prematuro che non è per niente una bella esperienza.
Una riga di stress, uno dietro l'altro che mi hanno poi fatto cadere in una brutta depressione.
Ma non quella post- parto che qualche volta colpisce le mamme, quella più profonda che lascia il segno tutt'ora.
Pensavo di averne passate già abbastanza nella vita e sopra tutto ultimamente, senza sapere che il peggio sarebbe accaduto dopo.
Il bimbo stette 15 giorni nell'incubatrice e 15 al nido e io conciata com'ero, prima facevo avanti e indietro per i corridoi dell'ospedale e poi, quando mi dimisero dall'ospedale, incominciai a fare avanti e indietro da casa al Gaslini.
Stavo malissimo e non so' come ho fatto a fare quello che ho fatto.
In uno di quei giorni che ero a casa, ad un certo punto incominciarono a prudermi le braccia,
poi le gambe e poi il resto.
Poi mi spuntarono di nuovo quelle maledette bolle!
Ero furiosa e pensavo che a giorni avrebbero mandato Fili a casa e mi domandavo come avrei potuto prendermi cura di lui...
Dal Gaslini mi avevano ridotto la dose di cortisone a 50mg. al giorno, prima di dimettermi, dicendo che ormai avevo partorito e che la cosa si sarebbe dovuta risolvere.
Ma quel sabato sera ad un certo punto pensai:
"Ma vaff...Io mi prendo un'altra pastiglia di cortisone e arrivo a 75 mg. come prendevo prima e poi lunedì chiamo il Prof. Drago".
Non ci sto' qua come i pazzi a subire le pene dell'inferno."
Quando andai in studio dal Prof. mi disse che feci benissimo e che purtroppo avevano scalato il cortisone con troppa fretta e che dovevo ripartire da zero.
Il cortisone non si può levare così dall'oggi al domani perché' il fisico ne risente negativamente e poi c'è il rischio, come nel mio caso, di avere una ricaduta della malattia.
Ero di nuovo furiosa...
vicino alla sala operatoria.
Di solito ti tengono lì un'ora dopo il cesario, per vedere se non ci sono delle complicazioni, ma io stavo malissimo e pensavo di nuovo di morire.
Avevo i battiti del cuore altissimi e la pressione alle stelle.
Sono stata tutta la mattina con quella sensazione che si avverte, prima di svenire.
Il mio corpo, già così provato dalla malattia era troppo debole per subire un intervento chirurgico, ma non c'erano di sicuro altre alternative.
Tra me e me pensavo che era giunta la mia ora...
Poi mezza moribonda dissero che mi ero abbastanza stabilizzata e così mi portarono in una stanza diversa dalla "suite".
Lì c'era una ragazza molto simpatica di cui non ricordo il nome, ma la sua bimba, che poi è nata lo stesso giorno di Fili , mi ricordo che si chiama Sofì.
Mi piaceva tantissimo quel nome così dolce...
Ricordo anche che suo marito era gentilissimo e premuroso, ogni volta che mi trovavo in difficoltà.
Lei era stata bene fino all'ultimo mese e si era presentata il giorno prima in ospedale per fare il cesario.
Poi è stata malissimo e le hanno dovuto mettere i drenaggi nella ferita.
Meno male che non capitò a me, sono sicura che avrei rischiato grosso.
Così già stavo male per i cavoli miei, in più sentivo lei che si lamentava dal dolore e stavo ancora più male.
Poi come ogni notte, un rumore mi distraeva dai miei pensieri:
Erano le ruote cigolanti dei lettini dei neonati che le infermiere dal nido portavano tutte le mattine alle loro mamme.
Quel rumore per me fastidioso lo avevo già conosciuto quando ero stata ricoverata d'estate e mi
ricordo che lo odiavo ogni volta che lo sentivo.
Tutte le volte sentendo quel rumore era come sé una voce mi dicesse:
"La culla con il tuo bimbo non arriverà mai"...
Così giù a piangere come una disperata!
La mia compagna di stanza, riceveva ogni 3 o 4 ore la sua bimba per allattarla.
Erano così carine che quando le guardavo provavo un'infinita gioia, anche se avrei anche io voluto poter stringere, tra le braccia pure io, il mio fagottino.
Era come una condanna a morte quell'immagine per me...
Tutte le volte ci stavo da cani.
Nel frattempo Lorenzo tutti i giorni, visto che io non riuscivo a scendere dal letto, si prendeva un po' cura di Filippo.
Gli dava il latte, lo cambiava, praticava la marsupoterapia, che consiste nel tenere il piccolo raggomitolato sul petto e che serve ai bimbi prematuri per dargli quel calore della mamma che hanno perso.
Penso che Fili all'inizio lo abbia scambiato per me.
Io invece passavano i giorni e non mi riprendevo.
Tutte le mamme che avevano partorito insieme a me, erano già fuori dall'ospedale a coccolarsi i loro piccoli, io invece non ero neanche riuscita a vedere mio figlio.
Ogni giorno gli infermieri mi stressavano perché non riuscivo neanche a sedermi sul letto.
Poi una mattina uno di loro mi disse:
"Se stamattina la Ferrons non si alza, la prendo di peso e la metto in piedi!"
Io, sentendo quelle parole m'infuriai come una bestia e urlandogli in faccia dissi:
"Non provare a toccarmi perché ti dò tanti di quei calci in faccia che t'ammazzo!!!
Secondo te, se riuscissi ad alzarmi, starei qui a farmi rompere le palle da te?
No, magari sarei da mio figlio che non ho ancora avuto il piacere di conoscere!"
Così, da quella mattina, nessuno si azzardò più a dirmi niente.
Intanto cambiai di nuovo stanza...
Questa volta eravamo in un sacco di ragazze.
C'era quella che era arrivata da Sanremo in elicottero per una emoraggia,
anche il suo bimbo era al C.N.R. con suo marito, poi c'era una ragazza spumeggiante che minacciava un'aborto, poi c'era una ragazza che non aveva niente, ne lei ne suo figlio ma stava tutto il giorno a lamentarsi.
Io con quello che avevo non mi sono mai lamentata di niente, eppure avrei avuto di sicuro molte ragioni per farlo.
Poi un pomeriggio mi chiama una persona che definirei forse come una sorella.
Molte volte non ci siamo capite ma ci vogliamo bene perché abbiamo trascorso un pezzo di vita insieme.
Non posso dimenticarmi di Betta che appena ha saputo del mio stato di salute, si è fiondata in ospedale da me.
Mi ricordo di averle dato tutte le coordinate per trovarmi al primo colpo, mandandole un messaggio con scritto:
"Sono nel reparto di ostetricia del Gaslini, 4 piano, stanza in fondo, letto num...,(che ora non ricordo), perché altrimenti non mi riconosci!"
Quando arrivò aveva in mano un regalo per Fili che poi ora è uno dei suoi pupazzi preferiti.
Parlammo del più e del meno e mi chiese se potevamo andare da Fili.
Le risposi che non si poteva perché potevano vederlo solo i genitori ma ci promettemmo che prima o poi lo avrebbe visto.
Quella sera che era il compleanno di Lorenzo, decisi di fargli un regalo.
Un po' prima del suo arrivo, mi feci portare una carrozzina in camera e lo aspettai lì seduta per poi andare insieme dal nostro piccino.
Quando ero lì seduta stavo male e mi girava la testa ma volevo andare da mio figlio a tutti costi.
Mi domando ancora come ho fatto...
Appena entrò nella stanza fece un'espressione di sorpresa, incominciò a spingere la carrozzina e ci dirigemmo verso l'ascensore per andare giù da Fili.
Prima di entrare in quel reparto, bisognava:
infilarsi una specie di camicie e babbucce usa e getta;
lavarsi accuratamente le mani;
mettersi il disinfettante (che a me bruciava da matti con le mani che avevo) ;
mettersi la mascherina;
Poi con la carrozzina non si poteva entrare, sempre per il discorso dell'igiene e così quelle ingegnose delle infermiere, mi proposero di sedermi su di una loro sedia tipo ufficio e che a spinta poi mi avrebbero portato da Fili.
Mi sedetti in quella sedia che ero già mezza moribonda e volevo ritornare nella mia stanza per sdraiarmi sul letto.
Strinsi i denti, come mai nella vita e mi feci spingere per quel corridoio lungo e stretto...
Quando arrivai vidi un sacco di incubatrici e in una di quelle c'era il mio "sole".
Era nudo e aveva attaccato un apparecchio per monitorare il suo battito cardiaco.
Per fortuna che non era intubato per niente e che mangiava da solo col biberon ormai da giorni.
Mi spiegarono che questi erano ottimi segnali ma io a vederlo così ero lo stesso angosciata.
Me lo diedero per qualche minuto in braccio e mi fece tantissima tenerezza.
Era così piccolino che ti si spezzava il cuore.
Lo so che avrei dovuto ringraziare il cielo ma non ero per niente contenta di come erano andate le cose.
Sognavo una spensierata gravidanza, un parto nell'acqua, poter stare bene e godermi quei momenti magici.
Invece si aggiunse anche lo stress del parto prematuro che non è per niente una bella esperienza.
Una riga di stress, uno dietro l'altro che mi hanno poi fatto cadere in una brutta depressione.
Ma non quella post- parto che qualche volta colpisce le mamme, quella più profonda che lascia il segno tutt'ora.
Pensavo di averne passate già abbastanza nella vita e sopra tutto ultimamente, senza sapere che il peggio sarebbe accaduto dopo.
Il bimbo stette 15 giorni nell'incubatrice e 15 al nido e io conciata com'ero, prima facevo avanti e indietro per i corridoi dell'ospedale e poi, quando mi dimisero dall'ospedale, incominciai a fare avanti e indietro da casa al Gaslini.
Stavo malissimo e non so' come ho fatto a fare quello che ho fatto.
In uno di quei giorni che ero a casa, ad un certo punto incominciarono a prudermi le braccia,
poi le gambe e poi il resto.
Poi mi spuntarono di nuovo quelle maledette bolle!
Ero furiosa e pensavo che a giorni avrebbero mandato Fili a casa e mi domandavo come avrei potuto prendermi cura di lui...
Dal Gaslini mi avevano ridotto la dose di cortisone a 50mg. al giorno, prima di dimettermi, dicendo che ormai avevo partorito e che la cosa si sarebbe dovuta risolvere.
Ma quel sabato sera ad un certo punto pensai:
"Ma vaff...Io mi prendo un'altra pastiglia di cortisone e arrivo a 75 mg. come prendevo prima e poi lunedì chiamo il Prof. Drago".
Non ci sto' qua come i pazzi a subire le pene dell'inferno."
Quando andai in studio dal Prof. mi disse che feci benissimo e che purtroppo avevano scalato il cortisone con troppa fretta e che dovevo ripartire da zero.
Il cortisone non si può levare così dall'oggi al domani perché' il fisico ne risente negativamente e poi c'è il rischio, come nel mio caso, di avere una ricaduta della malattia.
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